lunedì 18 novembre 2013

FISCO E TRIBUTI - Irap: spetta al professionista provare l’assenza di ''autonoma organizzazione'' Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 09.10.2013 n° 22941

La Corte di Cassazione con sentenza 9 ottobre 2013, n. 22941  ha confermato la propria giurisprudenza in materia di presupposto dell’IRAP con riguardo ai lavoratori autonomi.
Secondo l’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 “presupposto dell'imposta è l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.
Ebbene, detta sentenza  chiarisce il concetto di “autonoma organizzazione” applicata ai professionisti, nonché il conseguente articolarsi dell’onere probatorio.
Nella fattispecie in esame, un avvocato, destinatario di cartella di pagamento relativa all’IRAP dell’anno 2002, impugnava l’atto in dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Modena. Sia la Commissione sia la Commissione tributaria regionale dell’Emilia confermavano la legittimità della cartella di pagamento.
In particolare, la CTR riteneva che il contribuente “in grado di svolgere da solo la sua attività è necessariamente dotato di autonoma organizzazione”.
Il professionista è ricorso, dunque, in Cassazione deducendo tre motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., avendo errato la CTR nel ritenere il ricorrente soggetto passivo IRAP non disponendo di autonoma organizzazione;
b) difetto di motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. non avendo il giudice d’appello motivato in ordine alla “organizzazione del ricorrente”;
c) formazione del giudicato esterno, successivo alla sentenza impugnata, con riguardo al periodo d’imposta 2003. In relazione a tale anno, infatti, è intervenuta sentenza della CTR dell’Emilia n. 50/15/2009, divenuta definitiva, che ha accertato l’assenza in capo al medesimo contribuente di autonoma organizzazione con conseguente non assoggettabilità ad IRAP.
La Corte di Cassazione ha analizzato in primis il motivo attinente al giudicato esterno. 
Secondo i giudici di legittimità “il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta non è idoneo a far stato per i successivi o i precedenti in via generalizzata e aspecifica. Simile efficacia va infatti riconosciuta solo a quelle situazioni relative a ‘qualificazioni giuridiche’ o ad altri eventuali ‘elementi preliminari’ rispetto ai quali possa dirsi sussistente un interesse protetto avente carattere di durevolezza nel tempo, non estendendosi a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti.
Una volta escluso che la sentenza emessa con riferimento all’anno 2003 possa fare stato in relazione all’anno di imposta 2002, la Corte passa ad affrontare congiuntamente gli altri due motivi del ricorso, aventi ad oggetto l’accertamento dell’ “autonoma organizzazione”.
I giudici partono dal principio secondo cui l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il relativo accertamento, evidenzia la Corte, compete al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.  
La motivazione del giudice di merito, in particolare, deve riguardare l’accertamento in merito all’impiego di beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale nonché l’utilizzo da parte del professionista, in modo non occasionale, di lavoro altrui.
Dal punto di vista degli oneri probatori, grava sul contribuente fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).
La Corte di Cassazione, nella fattispecie, cassa la sentenza della CTR in quanto “la motivazione della sentenza impugnata - secondo cui l’attività del contribuente è anche autonomamente organizzata perché, quella piccola organizzazione che dichiara d’avere è adeguata all’attività che svolge ed è autonoma perché non dipende dal committente - non consente di individuare i fatti ritenuti giuridicamente rilevanti in ordine alla affermata imposizione Irap, non evidenziando gli elementi considerati o i presupposti della decisione ed impedendo ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del Giudice”.
La Corte aggiunge, poi, che “a fronte delle puntuali censure formulate dal ricorrente, con riguardo alla mancanza di una propria struttura organizzativa, della mancanza di dipendenti, della utilizzazione di modesti beni strumentali, nonché della affermazione di avere usufruito della struttura organizzativa della Cremonini s.p.a. e dell’ospitalità dello studio M. e Associati in Modena la motivazione si appalesa insufficientemente e non congruamente motivata avendo anche apoditticamente affermato che ‘il contribuente che è in grado di svolgere da solo la sua attività è necessariamente dotato di autonoma organizzazione’ “.
Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione cassa la sentenza della CTR rinviando ad altra sezione della stessa Commissione.

IN TAL SENSO VI SEGNALANO:
Precedenti giurisprudenziali conformi: il professionista deve provare l’assenza di autonoma organizzazione
La sentenza in commento ribadisce principi già affermati negli ultimi anni da diverse sentenze, sia di legittimità sia di merito. Come stabilito da Cass. n. 14379 del 15 giugno 2010 l’autonoma organizzazione deve consistere in un “apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui” e in grado di “potenziare” l’attività intellettuale del professionista (Cass. n. 21989 del 16 ottobre 2009). Al contrario non sussiste autonoma organizzazione “ove in concreto i mezzi personali e materiali di cui si sia avvalso il contribuente costituiscano un mero ausilio alla sua attività personale” (CTP Lecce n. 490/04/10 del 21 dicembre 2010).
Al riguardo giova richiamare Cass. n. 3678 del 16 febbraio 2007 secondo la quale “va condivisa la tesi che legittima l’imposizione solo a cospetto di una struttura organizzativa esterna del lavoro autonomo e cioè quel complesso di fattori dei quali il professionista si avvale e che per numero e importanza sono suscettibili di creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo know-how”.
A sua volta la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 24117 del 28 dicembre 2012 ha posto in luce come i beni strumentali impiegati nell’esercizio dell’attività devono essere valutati “nel quadro della realtà scientifica e/o tecnologica”.
Sul nesso tra beni strumentali e tipologia di attività esercitata dal contribuente meritevole di pregio è CTR Veneto n. 36 del 26/03/2013: “stando alla documentazione versata in causa, sebbene il valore dei cespiti ammortizzabili e dei beni strumentali sia assai elevata, non può essere trascurato, a differenza di quanto deciso dal primo giudice, il fatto che l'appellante, svolgendo attività di medico specialista oculista, non può che utilizzare macchinari e strumentazione assai costosa, ma si tratta, appunto, della strumentazione senza la quale l'attività non potrebbe essere oggi efficacemente svolta: si tratta di strumentazione assolutamente necessaria. Ne deriva che l'elemento di valutazione rappresentato dal valore di tale strumentazione non può giustificare, di per sé, in assenza di altri elementi, l'esistenza di una autonoma organizzazione, come, invece, si potrebbe ritenere in altri casi di attività che non richiedono necessariamente l'impiego di macchinari costosi (in relazione alle quali, appunto, l'esistenza di beni strumentali di elevato valore potrebbe essere indice di una autonoma organizzazione)”.
Secondo Cass. n. 12967 del 24 maggio 2013 l’accertamento dell’assenza di autonoma organizzazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
In particolare, il presupposto dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Costituisce, tuttavia, onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni
Da ultimo, va segnalata la sentenza della CTR Bari-Sez. Lecce, n. 197 del 26 luglio 2013 secondo cui l’IRAP colpisce il valore aggiunto prodotto da una attività, essendo un’imposta reale e non già personale. Il professionista, in sostanza, deve disporre di mezzi che eccedano il minimo indispensabile perché l’attività possa essere compiuta.
Nella fattispecie, il professionista aveva dimostrato come i beni strumentali fossero di valore modesto e, dal punto di vista qualitativo, rappresentavano strumenti essenziali in relazione alla tipologia di attività svolta. Inoltre, le spese sostenute per l’attività (quote di ammortamento e spese per immobili) erano assolutamente esigue.
Sulla scorta delle predette prove, la Commissione regionale ha riconosciuto il rimborso dell’IRAP, riformando totalmente la precedente sentenza della Commissione tributaria provinciale.

Precedenti giurisprudenziali difformi: le professioni cd. protette sono sempre escluse da assoggettamento ad IRAP
L’IRAP non è mai applicabile alle professioni cd. protette. E’ questa la conclusione a cui è giuntala recente sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 238 del 22 aprile 2013.
La fattispecie analizzata dalla Commissione laziale riguardava un geometra destinatario di una cartella di pagamento recante IRAP con riferimento all’anno 2005. La Commissione tributaria provinciale di Viterbo aveva accolto il ricorso del contribuente ritenendo che nella specie mancassero elementi tali da far prefigurare una autonoma organizzazione.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello sostenendo che nella fattispecie è invece sussistente l’autonoma organizzazione dovendosi ritenere l’organizzazione stessa quale condizione intrinseca dell’attività di libera professione.
Nel suo percorso argomentativo, la CTR Lazio parte dalla distinzione, rinveniente nell’ordinamento tributario, tra attività di lavoro autonomo e attività di impresa. Le due attività, afferma la Commissione, sono disciplinate separatamente in quanto caratterizzate da differente natura. Infatti, l’attività di impresa si basa sull’organizzazione che è data da un complesso di beni strumentali funzionalmente collegati tra loro al fine dell’esercizio dell’impresa, tanto da assumere le caratteristiche di un quid pluris rispetto all’attività di lavoro personale dello stesso imprenditore. Diversamente, nell’ambito dell’attività di lavoro autonomo, l’organizzazione dei fattori produttivi è di regola assente. In modo particolare, nelle cd. professioni intellettuali o protette, non è assolutamente configurabile, in via di principio, l’esistenza di un’organizzazione di beni che possa funzionare separatamente e indipendentemente dall’intervento del professionista.
Secondo la sentenza in commento, in particolare, le attività professionali quali quelle del geometra, dell’ingegnere, dell’avvocato, del notaio, dell’agente di commercio non possono svolgersi senza l’apporto del professionista. Ne discende che per quanto possa essere minima l’organizzazione professionale della quale egli si serve, la sua presenza nell’esercizio dell’attività sarà sempre indispensabile. Inoltre, per quanto ampia e sofisticata sia l’organizzazione, sarà sempre e comunque necessario fare riferimento alla presenza personale del professionista perché l’attività di questi possa effettivamente svolgersi.
Il collegio laziale, dunque, interpreta il concetto di “autonoma organizzazione” in chiave qualitativa non già quantitativa. In particolare, si configura l’autonoma organizzazione laddove vi è una struttura in grado di funzionare anche in assenza del titolare. Laddove, invece, l’apporto personale del professionista è indispensabile (ad esempio nelle prestazioni caratterizzate da intuitu personae) non vi potrà mai essere un’autonoma organizzazione.
L’indagine sulla natura della prestazione, pertanto, assorbe quella di carattere quantitativo incentrata sulla “dimensione” dei fattori produttivi organizzati dal professionista (beni strumentali, lavoratori dipendenti e collaboratori, forme di finanziamento, etc.).
Come visto nel precedente paragrafo, la Corte di Cassazione esclude che le professioni cd. protette o intellettuali siano carenti per ciò solo di autonoma organizzazione. E’ necessario invece, così come per tutte la attività di lavoro autonomo, accertare in concreto il requisito della autonoma organizzazione, verificando se esista una struttura di supporto in grado di realizzare un incremento potenziale alla produttività propria del lavoro personale.
La sentenza della Ctr Lazio va, invece, in direzione completamente opposta interpretando la nozione di autonoma organizzazione in chiave qualitativa, come capacità dell'organizzazione di fornire un servizio indipendentemente dall'intervento personale del professionista. Capacità di regola esclusa nelle professioni cd. protette.

(fonte: www.altalex.com)